Dott. Tizio Caio
Onorevole Ministro Dario Franceschini,
mi rivolgo a Lei e ai responsabili del progetto ITsART, finanziato da Suo ministero, per esprimere tutto il mio sconforto di fronte allo svilimento della nostra lingua.
Leggo sul sito https://www.itsart.tv/ che questa nuova piattaforma si propone di "celebrare e raccontare il patrimonio culturale italiano in tutte le sue forme e offrirlo al pubblico di tutto il mondo". Una così lodevole iniziativa possiede però un nome in inglese, e questo fatto è l'ennesima testimonianza di come il nostro patrimonio linguistico non venga considerato parte di quello culturale. Sono infastidito davanti all'abuso di anglicismi e pseudoanglicismi che caratterizza oggi il linguaggio della politica, dell'imprenditoria, dei mezzi d'informazione, della cultura e ormai della stessa lingua italiana.
Nell'anno in cui ricorrono i 700 anni dalla morte di Dante, e in cui nascerà un Museo della lingua italiana nella città di Firenze, la mia impressione è che la si voglia commemorare invece che praticare e farla evolvere. Per secoli è stata lingua di cultura, di scienza, di arte, di tecnologia, e uno dei motivi unificanti della nostra nazione, come proprio Dante avrebbe voluto. Attraverso l'arte, un tempo abbiamo esportato le nostre parole in tutto il mondo, e alcune sono diventate internazionalismi in settori come la pittura, la scultura, la musica, la gastronomia... Ma tutto ciò sembra appartenere al passato, e se oggi pensiamo di esprimere le nostre eccellenze in inglese siamo davvero un popolo in declino.
Mi piacerebbe che il Suo ministero aiutasse l'italiano a restare una lingua viva e creativa, utilizzata in tutti i settori e adatta a esprimere il mondo di oggi e di domani, più che farla finire in un museo. Mi piacerebbe che l'Italia cominciasse ad avere una politica linguistica, come accade in Francia, in Spagna, in Svizzera, in Islanda e in tante altre nazioni, ma vedo che la nostra classe politica si esprime con act e tax, invece di leggi e tasse. E a parte questo linguaggio insopportabile per molti italiani, paradossalmente sembra proteggere l'inglese più che l'italiano, visto che la riforma Madia ha sostituito il requisito di conoscere una "lingua straniera" nei concorsi pubblici con la "lingua inglese", o che il Miur ha deciso che i progetti di rilevanza nazionale (Prin) devono essere presentati in inglese. Mi piacerebbe che i nostri politici tutelassero l'italiano come la lingua sia degli italiani sia dell'alta formazione universitaria e professionale, che dopo l'uscito del Regno Unito dall'Europa si attivassero per farlo ritornare lingua di lavoro alla Ue, e che permettessero al nostro lessico di tornare ad arricchirsi con parole proprie e con neologismi che non siano solo l'importazione acritica di radici inglesi.
Considero ITsART un vero ossimoro che mi evoca l'albertosordità di Nando Mericoni in Un Americano a Roma, anche se ha perso la sua componente ironica per diventare qualcosa di ridicolo, nella sua tragicità.
Voler essere internazionali puntando all'inglese è un approccio deleterio per il nostro idioma, rinnega la nostra grande storia e soprattutto non tiene conto dell'enorme potere evocativo dell'italiano, così amato e apprezzato all'estero, ma così svilito in patria. Credo che le nostre istituzioni non debbano vergognarsi di parlare e diffondere la nostra lingua e dovrebbero invece promuoverla e tutelarla come fanno con le altre nostre eccellenze.
Le domando perciò di riconsiderare la scelta del nome della nuova piattaforma della cultura italiana, e in generale Le chiedo una riflessione sull'opportunità di una politica linguistica che possa restituire vitalità alla nostra lingua e farne uno strumento di promozione della nostra cultura nel mondo.
La ringrazio per l'attenzione e Le porgo i miei più cordiali saluti.
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